TAR LAZIO – Consorzio Asmez non rispondono ai modelli organizzativi indicati dall’art. 33, comma 3-bis
TAR LAZIO – ROMA, SEZ. III – sentenza 22 febbraio 2016 n. 2339 –
E’ legittima la deliberazione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) n. 32 del 30 aprile 2015 secondo cui il Consorzio Asmez e la società consortile Asmel a r.l. non rispondono ai modelli organizzativi indicati dall’art. 33, comma 3-bis, del d.lgs. 163/2006, quali possibili sistemi di aggregazione degli appalti di enti locali e, pertanto, la società consortile Asmel a r.l. non può essere inclusa tra i soggetti aggregatori di cui all’art. 9 del d.l. n. 66/2014, né può considerarsi legittimata ad espletare attività di intermediazione negli acquisiti pubblici, peraltro senza alcun limite territoriale definito, essendo stata rilevata: 1) la presenza, seppur indiretta, di società private nella compagine consortile; 2) l’operatività territoriale sostanzialmente illimitata di Asmel s.c.a.r.l., in quanto lo statuto ammette adesioni successive di enti collocati su tutto il territorio nazionale (1).
La Asmel consortile non può configurarsi quale organismo di diritto pubblico, atteso che non è ravvisabile un’influenza pubblica dominante sull’attività e sull’organizzazione della società consortile da parte dei piccoli comuni aderenti, tale da poter essere ricondotta al paradigma dell’organismo di diritto pubblico, come elaborato dall’ormai consolidata giurisprudenza sia in ambito UE che nazionale. E’ noto infatti che, sulla base della normativa e dell’elaborazione giurisprudenziale comunitarie, oggi confluite nell’art. 3, comma 26 del codice dei contratti pubblici, l’organismo di diritto pubblico si individua sulla base dei seguenti indici di riconoscimento, tutti e tre necessari: a) la personalità giuridica; b) la sottoposizione ad “influenza pubblica dominante”; c) il perseguimento stabile di “bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale” (2).
Ha osservato in particolare la sentenza in rassegna che:
a) la Asmel consortile è stata in origine promossa e costituita da due entità soggettive private (oltre che dal Comune di Caggiano) quali il Consorzio Asmez e la Asmel Associazione non riconosciuta;
b) tuttora, nonostante la fuoriuscita dalla società consortile del Consorzio Asmez, permane nella detenzione del 49 % delle quote societarie una Associazione di diritto privato e la società ricorrente non può in alcun modo qualificarsi in termini di ente strumentale dei comuni aderenti (secondo lo schema della società “in house”) né come organismo di diritto pubblico stante la non configurabilità di un’influenza pubblica dominante. E’ stato pertanto ritenuto che l’affidamento dei servizi di centrale di committenza ad un soggetto, non soltanto formalmente, privato, quale deve ritenersi la Asmel S.c.a r.l., appare difforme dal modello legale emergente da comma 3 bis del’art. 33 del d. lgs. n. 163 del 2006 ed in contrasto con i principi fondamentali di derivazione comunitaria in tema di affidamento “pro-concorrenziale” di servizi comunque suscettibili di determinare un vantaggio economico.
In ogni caso è stato osservato che il ricorso (da parte dei piccoli Comuni associati alla ass. Asmel e aderenti alla soc. consortile) ad una centrale di committenza, come pretende di essere qualificata la ricorrente, in assenza di una procedura comparativo – selettiva aperta a tutte le imprese in grado di offrire simili servizi, costituisce comunque una deroga ai fondamentali principi di derivazione comunitaria della libertà di concorrenza, “par condicio” e non discriminazione tra operatori economici in ambito UE (vedi art. 2, comma 2 bis, D.Lgs. n. 163 del 2006). Trattandosi, pertanto, di istituto “derogatorio” e non applicativo di principi cogenti di matrice eurounitaria, è ammissibile che di esso (il riferimento è primariamente all’art. 37, par. 4 della nuova direttiva appalti) il legislatore nazionale possa avvalersi, ma deve del pari ammettersi che sarebbe altrettanto legittima la futura scelta legislativa di ricorrere all’istituto “centrale di committenza” in termini più restrittivi rispetto a quanto sembra consentito, in prospettiva, dalla direttiva 2014/24/UE.